Sordi, Tognazzi, Manfredi, Gassman e Mastroianni. I Cinque Grandi del cinema italiano, li chiamavano anche i 5 MOSTRI DELLA COMMEDIA ALL’ITALIANA.
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Sordi, il più grande di tutti, il più adorato, anche dai non-romani. Straordinario attore comico, ancora più grande a mio parere come attore tragico, da Una vita difficile e Tutti a casa fino al Borghese piccolo piccolo. Il “Padre putativo” di tutti gli attori nazionali, “romani” e non, anche “i più infimi”, venuti dopo.
Mastroianni, il più bello. Attore e uomo di un fascino straordinario e di levatura internazionale, forse l’unico nella storia del cinema italiano (tolto Rodolfo Valentino). Ha lavorato tanto in tutto il mondo con registi i più diversi, da Nikita Mihalkov a Theo Angelopoulos e si dice abbia avuto donne a migliaia (Sophia su tutte, con la quale mi sa che qualcosa ha da esse successo… chè avevano troppa sintonia in scena). Impersonificazione dell’alter-ego di Federico Fellini, Mastroianni era artista di grande registro drammatico ma memorabile anche da comico. Potrei recitare il suo Mimì Soriano a memoria, battuta per battuta (“sinnò t’accide, Mimì… t’accide…schtatte sitta, Filume’… ie t’accide… schtatte sitta…”).
Tognazzi, forse il più bravo. Non popolare, però. Aveva qualcosa di sofisticato, di altezzoso, di elevato e di elegante anche quando interpretava gente umile o persino nel grottesco Petomane. Forse per questo piaceva tanto ai francesi. Memorabile come Conte Mascetti.
Manfredi, senza dubbio il più sottovalutato. Ma di bravura straordinaria, particolarmente nella fase “risorgimentale” del periodo di collaborazione con Gigi Magni, da Nell’anno del Signore ai due Nel nome (del Papa Re e del Popolo Sovrano). Ha interpretato decine e decine di film, sopratutto commedie, anche memorabili, penso a Brutti sporchi e cattivi, a Straziami, a Pane e Cioccolata. Spaghetti House (“bona, ma perchè la pasta non la magnamo cruda? … perche cotta è mejo!!!) film tutto sommato minore, che ancora si lascia vedere.
Gassman. Magico, istrione, unico. Un carattere reale che era una via di mezzo fra il Bruno Cortona del Sorpasso, Pe-e-ppe er Pantera e Brancaleone da Norcia. Un gigante del teatro italiano e del cinema internazionale, ha lavorato con Altman, con Mazursky e Levinson (chi può scordare il King Benny di Sleepers). Un gigante che soffriva, perchè in vecchiaia fu devastato dalla depressione.
I Cinque Grandi li chiamavano. Tutti nati più o meno negli anni ’20. Una volta, quando si vedeva passare una Maserati o una Ferrari in giro per le povere strade italiane, subito si pensava che fosse uno di loro (oggi si pensa che al volante ci possa essere un qualche mafioso…). Hanno spesso lavorato insieme, mai tutti insieme. Ce n’erano anche altri, di quella generazione, forse altrettanto bravi. Ma nessuno così popolare. Walter Chiari, Renato Salvatori, Franco Interlenghi, Paolo Stoppa, tanti altri.
I Cinque Grandi della generazione precedente? Totò, ovviamente. E Peppino De Filippo, Massimo Girotti, Vittorio De Sica e Aldo Fabrizi. E di quella successiva? Mah, forse Benigni, Verdone, Christian De Sica, Massimo Troisi. Probabilmente aggiungerei Diego Abatantuono, che è bravo. E Castellitto. Ah, dimenticavo Giancarlo Giannini.
E oggi? Facile: Favino, Scamarcio, Stefano Accorsi, Alessio Boni, Raul Bova. E Giuseppe Fiorello, Kim Rossi Stuart, Albanese. Ma nessuno ancora, nessuno davvero di quella statura.