La vera novità di questi due volumi è
nella modalità espressiva. Un linguaggio di frontiera che
orienta e disorienta perché non è solo informativo ma mira a cogliere
la psiche del lettore nella sua interezza; così, anche l’espressione
presenta i caratteri della coniuctio perché si rivolge sia alla
coscienza che all’inconscio, chiamandoli ad una armoniosa collaborazione
tramite la sinergia dei due livelli di comprensione: quello razionale,
articolato su base logico dimostrativa, e quello intuitivo, che
fa riferimento ad un linguaggio poetico, analogico, evocativo. La
parola ondeggia tra la contrazione del lucido pensiero e la dilatazione
sfumata dell’anima fino alla grafia del simbolo, schema geometrico
che, come un mandala, cattura l’attenzione del lettore inserendolo
in un vortice di spirali sublimanti.
Questo
libro dunque, che si esprime e comunica con modalità femminile,
si propone di avvicinare, tramite il pensiero mitico, le dinamiche
profonde della struttura degli archetipi che stanno alla radice
della coscienza e agiscono dall’inconscio. Essendo la psiche la
manifestazione finale della relazione tra la coscienza e l’inconscio
il metodo di ricerca e di espressione, che ha voluto tener conto
della loro differenza, ha richiesto l’utilizzo di un approccio in
grado di isolare l’inconscio dalla limitante egemonia della coscienza
egoica.
Da ciò una duplice modalità espressiva. In primo luogo, attraverso
l’immediatezza del contenuto, consentire alla ricchezza evocativa
di fluire e sollecitare nell’assonanza una reazione maieutica di
contagio nel lettore; secondariamente, ma non meno importante, l’apertura
ad un linguaggio più aderente alla struttura intera della psiche,
un codice diretto non solo all’Io apollineo egemonico ma allargato
alle strutture dell’inconscio che tenga conto di tutte le istanze
tramite un’espressione promiscua, fatta di assonanze e di suggestioni
essenziali. L’idea, come l’archetipo, ha natura enantiodromica,
per cui non è raggiungibile dal pensiero lucido, secante; piuttosto
si può tentare di cingerla in una circolarità avvolgente in grado
di cogliere, anche se in modo sfumato, i suoi molteplici aspetti.
Il linguaggio non può che essere logico e al tempo stesso onirico:
quello labirintico di Arianna.
Arianna vince il dubbio diadico con il lucido filo della metis e
con lui tesse trame di luce e diventa Psiche, ondeggiante tra coscienza
e inconscio, tra coincidenza e conciliazione, maschile e femminile,
nel procedere tra espansione e contrazione nel palpito dell’assoluto.

Perciò l’espressione non può che essere circolare, labirintica,
modulata su rifrazioni e assonanze; deve seguire l’andamento ritmico
serpentiforme del meandro, della spirale che ritorna su se stessa
per tuffarsi in liquide profondità ed emergere merlettata di trine
come tela di ragno imperlata di brina, tesa su rameggianti pensieri.
Essa sfuma nella poesia, cioè nel linguaggio della parola silente
che evoca ma non dice, per non destare il bell’incantato così da
superarne l’armatura difensiva senza che questo intervenga a impedire
il suo nascente amoreggiare con l’inconscio.
Per scivolare nell’inconscio fra gli archetipi scorrenti, simili
a banchi di nubi, è necessario essere lievi, sfuggenti, cangianti,
come l’anima che si vuole comunicare. Se la psicologia è scienza,
linguaggio della psiche, la parola e ogni relazione con questa non
può che essere poetica immaginativa, mitopoietica, poiché rivolta
a quella corale assemblea di invisibili che potremmo anche definire
energie, strutture psichiche, forze elementari, categorie filosofiche
ma che, specchiate nella coscienza, emergono dall’inconscio con
l’espressione sublime della divinità.
Prefazione di Alessandro Salvini - Ordinario
di Psicologia Clinica, Università di Padova
Apollo dialoga con Afrodite
Questo libro può essere letto in modo convenzionale,
e allora il lettore sarà intellettualmente sedotto, almeno all’inizio.
Estetica, intreccio tematico, erudizione, preziosità stilistiche,
ardite metamorfosi discorsive, si trasformeranno, fin dalle prime
pagine in una sorta di malia intellettuale, cui seguirà poi una
vaga sensazione di stralunato smarrimento. Allora il lettore accentuerà
l’impegno con determinazione e cipiglio aggrondato, accettando la
sfida, appellandosi al diritto di capire e alla volontà di comprendere.
La lettura si trasformerà in un’avvinghiata lotta con lo sfuggente,
il complesso, e l’ermetico, per ricondurre il molteplice e l’indefinito
entro la luce del logos apollineo. Scacciato Orfeo che si delizia
ad una fonte silvestre, il lettore si trasformerà in eroe virile
che si addentra nella foresta, piena di sortilegi, smarrimenti e
richiami, tutti volti a perderlo per liberarlo.
Ma la trama cui il lettore rimane avvinto, lo vuole risolutore di
sciarade, capace di riportare ordine nell’enigma, riaffermando in
conclusione il potere luminoso della ragione. Ma dopo un po’, sarà
un nuovo perdersi in una foresta piena di parole che stormiscono
e che sussurrano molte storie, in cui non è più possibile separare
la coscienza di sé da quello che si legge. Come farà il lettore
ad interpretare il senso e il significato di quello che gli accade
mentre rampicanti avvolgenti gli nascondono i sentieri e indicano
tentazioni? Il mito dell’eroe a questo punto si arrovescia, Arianna
la duplice ha irrimediabilmente fatto smarrire a Teseo il filo argomentativo
e logico con le sue congetture anticipatorie e i procedimenti abituali.
Il libro allora si svela per quello che è: ovvero un labirinto che
mentre parla di sé, apre ai discorsi d’anima e trascina chi legge
dentro un turbinio d’echi, di voci, di immagini, e d’arabeschi sontuosi.
Ogni enunciato preso in modo letterale, si trasforma in un sentiero
senza uscita, in un miraggio lontano, in risate argentine, in scherzi
d’acqua, in mulinelli ermetici. Mentre i preziosi intarsi delle
Dee trascinano in possibili esplosioni associative e in rispecchiamenti
infiniti, il caparbio lettore finirà per perdersi da solo, ingarbugliandosi
nelle proprie congetture raziocinanti e negli echi del suo labirinto.
A questo punto due le soluzioni: la rinuncia all’impresa, o lasciarsi
andare alle Dee. Mancandone una terza suggerisco questa soluzione.
Lasciarsi andare per accettare i meandri del proprio labirinto.
Solo allora il libro si rivela per quello che è, né una teoria psicologica,
né una metafora filosofica, né un’erudita somma di richiami mitologici,
ma un percorso iniziatico: le Dee offrono gli incantamenti, le voci,
le immagini, i personaggi e le storie. Compito del lettore evocarli
dentro di sé, trovandone il senso unico, in quanto personale. Insomma,
abbandonato ogni ritegno eroico, cedendo ad un canto femminile,
stordente come un frinire di cicale meridiano, chi legge entra in
un altrove, e può iniziare così un viaggio iniziatico ignoto anche
alle Dee. Sorta di gnosi personale che si avvale dei sensi più che
dell’intelletto, attraverso una foresta fitta di simboli mitologici
e onirici. Dialoghi nello specchio resi possibili da una mitologia
poetica spinta fino all’estasi, nutrita di risonanze classiche,
misteriche e d’archetipi mediterranei. Lo gnomone della meridiana
allora scandisce i tempi del viaggio, segna l’ombra delle ore, il
loro susseguirsi: mentre Dafne fugge Apollo, s’insinua il meriggio
panico, e il pendolo delle ore porta al susseguirsi delle molteplici
e personali immagini d’anima.
Intarsio prezioso, lussureggiante, scritto con voluta e raffinata
erudizione, trasgredendo ogni schema o genere, il libro fa irrompere
nella radura del pensiero classico quell’irrazionale cui Eric Robertson
Dodds, il grande filologo, riconnette le matrici del nostro modo
di sentire. L’irrazionale che permea gran parte della mentalità
greca antica, ormai inaccessibile, è dietro e dentro di noi alla
radice di ciò che continua a renderci protagonisti dell’incomprensibile.
Il passato mitopoietico arabescato di archetipi, può essere un mezzo
per interpretare il presente, non quello di tutti o degli altri,
ma il nostro. Gli infiniti frammenti di uno specchio possono così
ricomporsi, offrendo a chi legge un canto femminile avvolgente,
un invocato richiamo ad accogliere l’assente perché riesca a concedersi
al suo mistero.
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